Storia di Disturbo Bipolare .

Questa la mia testimonianza

10/gen/2018

Di: Maria

Anno del inizio della tua condizione: 1972


Ho avuto 3 ricoveri ed un TSO, tutti precedenti alla diagnosi di Bipolare che ho raggiunto" all'età di 35 anni ovvero dopo 16/17 anni dalle prime manifestazioni.
Sin da ragazzina ero consapevole del mio essere "fuori norma", la situazione familiare non era delle migliori, mia madre era in cura da parecchi anni da un neurologo (non sempre lo stesso) ed io dai 18 ai 34 anni ne ero responsabile.


La sua non era depressione o bipolarismo, era piuttosto un "voler accentrare l'attenzione su di sé" in tutti i modi, una sorta di isteria dissociativa...convivere con la sua teatralità (spesso portata agli eccessi : TS) voleva dire "star sempre sulle punte"!!!
Ho vivido il ricordo di me, bambina di 6 anni, rinchiusa in uno sgabuzzino al buio perchè...con il mio giocare le davo fastidio...E di episodi di "soppressione del mio io"
ne potrei ricordare molti altri.
...Ovviamente nessun neurologo ha diagnosticato correttamente mia madre!!
I miei problemi di depressione sono cominciati all'età di 16 anni, da un grande luminare sono stati attribuiti all'adolescenza e alla mancanza di rapporti sessuali.... è stato così che il fascistoide (mio ragazzo di quel periodo) decise che la cosa migliore da fare era "violentarmi"... Si può ben immaginare quanto sia migliorata la situazione!!! Io, da sempre vissuta all'interno della chiesa (zia suora, altro parente vescovo ed io responsabile dei ragazini), ho cominciato ad attribuirmi tutte le colpe possibili. Ovviamente la grande colpa me la vivevo da sola, aggiungi a questo che mio padre era per una educazione abbastanza RIGIDA e questa ragazzina che voleva uscire con le amiche o riunirsi con altri ragazzi per dar vita ad un complesso musicale lo preoccupava. La sua frase per esprimere questa preoccupazione era: .... Continua così e farai una brutta fine !!!!
Soltanto con il passare degli anni ho capito che con quella frase esprimeva solo la preoccupazione che il mio modo di essere (estroversa, ingenua, piena di vita, fiduciosa degli altri) mi si potesse ritorcere contro.
Io, pensando di essere "Tutta sbagliata, tutta da rifare" ho cominciato a negare me stessa.
Così sono arrivata a 18 anni (la situazione familiare con i probl. di mia madre andava sempre più peggiorando) eravamo nel 1973 ed il fascistoide faceva parte delle "bande violente", aveva la moto e non rinunciava a usare la catena della moto per colpirmi (bastava solo che, secondo lui, qualcuno sull'autobus avesse poggiato lo sguardo su di me più del dovuto). Ovviamente mio padre non ne sapeva niente, vedeva in lui un ragazzo di ottima famiglia che con il suo polso mi avrebbe indirizzata sulla dritta via e levato certi "grilli dalla testa"; dal canto mio trovavo giusto quel genere di comportamento, lo accettavo, lo subivo convinta di meritarlo e trovavo corretto anche il fatto che lui flirtasse con altre 5 ragazze ....tanto ero io la SUA RAGAZZA, un uomo è giusto che si prenda i suoi spazi. L'estate successiva al compimento dei miei 18 anni, ritrovo la compagnia degli amici estivi e soprattutto di quell'amico con il quale ci siamo confidati sempre TUTTO.
Lui conosce il BRAVO RAGAZZO e se ne fa un cruccio di non riuscire a farmi vedere la realtà, pian piano però riesce a farmi aprire gli occhi.
Riesco a mollarlo e tutte le infrastrutture che mi ero formata in quel periodo...
Passano così altri 2 anni (arriviamo ai miei 20 anni), l'amico d'infanzia diventa il mio ragazzo, mia sorella si sposa (mio padre non "approva" la scelta che ha fatto) io divento responsabile di mia madre e della famiglia.
Mio padre per la delusione subita dalla figlia su cui aveva puntato tutto, dopo un viaggio ritorna abulico a tutto e tutti, mia madre continua i suoi ricatti morali (ostacola la mia relazione, perché se il marito lo ha fatto con una figlia, lei non vuole essere da meno e poi...non vuole rimanere sola) ed i suoi TS....
E finalmente , arriviamo al punto: IO capisco che l'unico modo per me, di uscirne fuori è rendermi indipendente e cominciare a vivere la mia vita.
Per cercare di non crollare (fra studio, casa, famiglia... e lavori saltuari che faccio per mettere da parte un pò di soldini) chiedo consiglio al neurologo che ha in cura mia madre mi fa una diagnosi di depressione unipolare.

Inizia così la mia assunzione di IMAO che dura per 4 anni a dosaggi sempre più iper-eccessivi.
"Viaggiavo" a 60 sigarette al giorno, 13-15 caffè, 4-6 pillole al giorno(prescritte regolarmente dal medico-...adrenalina,noradrenalina e dopamina a 3000); tiravo il motore al massimo per una giusta causa!!!!
In quel periodo a causa dell'interazione dei farmaci con alcuni alimenti non cononoscevo né alcool né formaggi.
Marzo 1982: la laurea= smetto i farmaci.
L'uso esagerato di psicofarmaci prescrittomi, mi aveva portato ad una "psicosi-tossica".
Ero in uno stato di disperazione totale e cercavo comprensione dal mio neurologo. Ricordo ancora le sue parole: "Lo vuoi capire che per te non posso fare niente? Non c'é una cura che ti possa curare, peggiorerai nel corso degli anni, con te posso solo adottare la "lobotomia farmacologica". In poche parole gli psicofarmaci erano una sorte di male minore per evitare l'uso di camicie di forza e "vecchie terapie".
Il medico non mi disse, però che , anche se avevo smesso di prendere farmaci,avrei dovuto evitare di assumere alcool o formaggi per almeno un anno e così ...dopo aver preso la decisione di lasciar vivere tranquillamente la vita al mio ragazzo, nella disperazione più totale buttai giù due bicchierini di cherry dopo aver svuotato nel water tutte le dannate pillole che ancora avevo in casa.
Ovviamente, ero soltanto io ad essere a conoscenza di quanto mi riguardava, la corsa nei vari ospedali cittadini alla ricerca di un posto letto, portò alla perdita di molte cose e fra queste anche della cartella del primo intervento di lavanda gastrica dal quale si poteva evincere che non avevo assunto farmaci..... In ospedale furono portate le boccette vuote, da queste fu facile arrivare alla conclusione di TS......!!!!!

A 24 anni (dopo il coma) dovevo imparare a conoscermi e non avevo nessun punto fisso o certezza (soprattutto su di me); ho firmato le mie dimissioni dall'ospedale perché per loro ero soltanto diventata un oggetto di studio; ho rifiutato i farmaci perchè volevo farcela da sola e perché capivo che quelli "non erano adatti a me".
Ho cominciato a cercare di riprendermi, ho avuto colloqui con psicologi che mi hanno azzerata totalmente e poi mi son messa a studiare psicologia e psichiatria ( per 2 anni), cercando di capire cosa c'era in me che non andava e come potevo
aiutarmi... Nel frattempo mia madre, sentendosi un po' trascurata ed essendo rimasta "estranea"al mio ricovero ed al mio stato, faceva di tutto e di più per riprendersi "lo spazio che le toccava di diritto"!!
..Mio padre in tutto questo entrava in uno stato di abulia totale (era il suo modo di non lasciarsi coinvolgere).
Fra alti e bassi e terapie farmacologiche e psicologiche differenti, ho continuato a
procedere andando sempre alla ricerca della giusta diagnosi e del giusto medico.

Ho avuto modo di incontrare una brava psicologa che mi ha aiutato tanto, ma per il resto sia le condizioni al contorno che le terapie farmacologice che seguivo erano .....
Il tutto senza l'aiuto di alcun parente o amico, piuttosto dovendo essere io colei che
gestiva "il peso familiare".
Da lì in poi si trattava di ricominciare a cercare il giusto percorso... un'altra volta
Altri incontri con medici SBAGLIATI, terapie DEVASTANTI e talvolta DISABILITANTI, psicologi CIARLATANI, ecc..
Nel 1991, quando io avevo 34 anni, incomincio ad avere un rapporto di comprensione e "complicità" con mio padre. Per il mio bene decide di trasferirsi con mia madre ( ritornano al paese d'origine) .
Durante un forte periodo di depressione chiedo aiuto a mia sorella perchè ormai io ho consultato tutti i medici della mia città e dintorni e sono consapevole che nessuno mi ha saputo aiutare, anzi. E' così che vengo ricoverata in una clinica privata dove, a mia insaputa mi fanno 5 applicazioni di elettroterapia. Dopo ciò, mia sorella si sente in colpa e mi fa riportare a casa...
Rimango così sola, senza amici né famiglia e soprattutto senza capire perchè mi sento ancora più "strana" dopo quel ricovero.
Mi trovavo in uno stato confusionario totale, non riuscivo a darmene spiegazione.
Ricovero TSO: 1993 i colleghi, che sanno le mie vicessitudini , lo decidono , per non farmi rimanere sola e per il mio bene.

Il mio stato emotivo ed affettivo? Disperazione e rabbia, ancora una volta "vittima delle circostanze, del sistema" e ...degli errori dei medici!
Non mi hanno diagnosticato il DB.
E' durato 15 giorni, fino a quando mio padre non avendo più mie notizie non è venuto a cercarmi e portarmi a casa.
Ne erano a conoscenza solo i colleghi.
Penso che un intervento opportuno avrebbe potuto evitare le evoluzioni successive : bastava che mi avessero considerata come persona e non come "individuo da spegnere". Il decorso dell'evento clinico non sarebbe stato lo stesso... non ci sarebbero stati trattamenti farmacologici inappropriati e la condizione degli utenti di quel reparto...una miscellanea di storie, di volti, malattie mentali, casi molto gravi e situazioni molto leggere, il tutto nel caos più generale .... Seguivo il mucchio...cercavo di non perdere me stessa e di non fare in modo che la situazione potesse peggiorare ulteriormente.
Mi sentivo reclusa.... Il termine libertà era sconosciuto... la dignità no, neanche questo era un termine conosciuto e sono notevolmente peggiorata.

Dimessa dall'ospedale sono andata da un altro psichiatra che mi ha confermato alcuni farmaci e cambiati altri. Le intramuscolo che mi faceva fare ogni 15 giorni...pian piano mi hanno portato all'irrigidimento prima, e poi alla paralisi totale e inoltre molti altri effetti collaterali.
Con Il TSO ho solo avuto nuove certezze in negativo che hanno lasciato una traccia indelebile; una traccia che porto dentro e che in taluni periodi rivivo con le stesse emozioni e sensazioni. Ricordo tutto e non mi fa star bene.

Sono trascorsi molti anni prima di trovare la diagnosi e le cure definitive, ho dovuto lavorare molto su me stessa applicandomi con costanza e metodicità. Mi ero documentata sul disturbo bipolare (da tempo ero convinta che questa fosse la mia corretta diagnosi), e quando mi è stato diagnosticato (Disturbo Bipolare II) , da un lato sapevo che AVEVO TROVATO LA MIA VERA DIAGNOSI, dall'altro guardavo le capsuline blu (litio) piangendo e ...non volendole accettare!
Tra l'altro, il mio nick è Mabiem perché
Ma=Inizio del mio nome
bi=Bipolare (familiarmente-ereditariamente)
em=emicranica (familiarmente-ereditariamente).
Oggi sono in cura con litio+depakin, sono stata curata in modo sbagliato per troppi anni ed alcune situazioni si sono cronicizzate.

Quando arrivano periodi down li riconosco, non mi ribello ma cerco di non farmi distruggere e di imparare, ancora una volta, anche da quelle fasi

...cavalco l'onda.
Storia di Disturbo Bipolare

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